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Hitchcock - Recensione

03/04/2013 | Recensioni |
Hitchcock - Recensione

Hitchcock e la sua vera musa. Hitch e la sua vera “anima”, Alma (in latino appunto, anima). Se è vero che dietro a ogni grande uomo c’è una grande donna, questa verità trova la prova del nove nella vicenda umana e cinematografica di Alfred Hitchcock.
Hitchcock semplicemente. Ma la scelta del regista Sacha Gervasi per il titolo del film non tragga in inganno. Non si tratta di un biopic ma neanche, come il racconto del plot potrebbe far pensare, alla storia della lavorazione di uno dei film più celebri del maestro, Psycho.
E’ vero, si racconta la genesi e la realizzazione di quel capolavoro ma non solo. Il film si apre su un Hitchcok reduce dal grande successo di Intrigo internazionale: è il 1959 e il regista è in cerca di ispirazione per il suo nuovo film. La trova nel romanzo “Psycho” di Robert Bloch incentrato sulla figura dell’omicida Ed Gein. Dopo aver superato lo scoglio del no della Paramout a produrre il film e dopo aver scelto di autoprodursi la pellicola, il regista deve affrontare le difficoltà dell’ufficio censura che pone più di un veto ad alcune scene considerate scandalose per l’epoca (prima fra tutte quella, divenuta famosissima, della doccia). Ad appoggiarlo c’è la moglie Alma Reville, montatrice e sceneggiatrice che spesso revisionava i copioni del marito, sua spalla che rimaneva sempre all’ombra dei riflettori e che sopportava con pazienza le infatuazioni di Alfred per le sue dive bionde e algide. Il maestro procede con lavorazione del film. Ma solo grazie all’aiuto di Alma, con la quale la pellicola finita viene completamente rimontata, Psycho riesce a diventare il capolavoro entrato nella storia del cinema.
Più che Psycho, Hitchcock. Il film di Sacha Gervasi è in fondo semplicemente questo: la storia d’amore fra Alfred e Alma (la donna sposata nel 1926 e che gli fu accanto tutta la vita), come ha sottolineato il regista. Un rapporto che non era solo un matrimonio, o per lo meno era molto di più, un rapporto “dinamico, complesso, contraddittorio, bello e doloroso”, una “collaborazione creativa” (la moglie lavorerà spesso ai film di Hitch senza apparire nei titoli).
Trasposizione del libro di Stephen Rebello del 1990 “Alfred Hitchcock and The Making of Psycho”, in realtà il film racconta Hitch attraverso la sua ossessione primaria, le donne: le sue attrici, le sue collaboratrici, ma soprattutto la donna più importante della sua vita, la sola che sapeva leggere dentro la sua anima, sua moglie. Il fil rouge del film è rappresentato proprio dalle dinamiche del loro rapporto, delle loro parallele tentazioni: quelle continue del maestro verso le sue bionde dive (ultima quella per la Janet Leigh di Psycho qui interpretata da una sinuosa Scarlett Johansson) e la (presunta) sbandata di Alma nei confronti dello scrittore Whitfield Cook (ma non sappiamo se questa storia corrisponda a verità oppure se Rebello abbia romanzato parecchio i fatti). E’ il rapporto tra Alfred e Alma a dettare i tempi della lavorazione di Psycho: emblematica a questo proposito la scena in cui Hitch si avventa, armato di coltello, sotto la doccia provocando le “giuste” urla di Janet Leigh sfogando così la propria rabbia privata in una fase difficile del suo matrimonio. E proprio la ritrovata unione con Alma salva un film in cui nessuno credeva o viceversa un film salva (o fa semplicemente ritrovare) un rapporto che si ritrova più saldo che mai. Un percorso parallelo in cui arte e vita si intrecciano indissolubilmente.  
Anthony Hopkins nei panni del maestro e Helen Mirren in quelli di sua moglie sono semplicemente da manuale proprio perché non concedono nulla alla caricatura. Le loro prove sono il valore aggiunto della pellicola e contribuiscono a farne un doveroso omaggio al genio di un uomo che in vita non ebbe i riconoscimenti che meritava (mai un Oscar come regista) e che solo dopo tanti anni venne riscoperto grazie anche alla lunghissima intervista-verità pubblicata da François Truffaut.
Un film che restituisce, in una delle sequenze più riuscite, un Hitchcock “direttore d’orchestra” che, fuori dalla sala in cui si proietta per la prima volta il “suo” Psycho, mima ripetutamente il gesto del coltello che infierisce sulla sua vittima. Un maestro che, come un abilissimo burattinaio, tira i fili di capolavori immortali attendendo, sornione e compiaciuto, le urla del suo pubblico. Per poi raccogliere gli applausi prendendo la mano della sua Alma.

Elena Bartoni
 

 


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